lunedì 31 ottobre 2016

Risposta alla "lettera agli studenti di questo pianeta"

Lettera aperta sul futuro tecnologico dell'educazione (Di Curtis J. Bonk)

Risposta-commento (di Alfredo Tifi)

1. Non esiste una correlazione positiva tra quantità e facilità di accesso alle risorse e qualità dell'educazione. Mentre il caos dell'informazione può facilmente dare una correlazione negativa.
Sono la buona pedagogia assieme alle teorie dell'apprendimento a poter fare la differenza.

2. Le opportunità, le conoscenze scientifiche necessarie, le esigenze sociali per il cambiamento dalla lectio tradizionale formalizzata (fatta di programmi predeterminati, lezioni restitutive, studio non significativo individuale, e verifiche su prestazioni dichiarative e procedurali) a forme educative adeguate alle conoscenze e alla società, e addirittura migliorative della società (perché questo è il vero scopo dell'istruzione) potevano ben esserci anche se Internet non fosse mai venuto al mondo.

Sarei ben felice di utilizzare gli strumenti tecnologici per una didattica blended e certamente più veloce, soprattutto perché questa implica un moto di accesso alla conoscenza e alla comprensione da parte di allievi o gruppi di allievi; mentre nel sistema formalizzato, che di fatto li deresponsabilizza, è il docente la centrale emittente di tutto il sapere e persino il responsabile delle valutazioni insufficienti e del fatto che le lezioni siano/non siano efficaci, come se il contesto non contasse nulla.
MA c'è un piccolo problema: questi strumenti non raggiungono la totalità dell'utenza e il motivo è semplice: la disponibilità tecnologica e digitale sono abbandonate ai flutti dell'economia, mentre uno Stato intelligente dovrebbe garantirla al 100 % della popolazione scolastica. E i docenti usarla, così come quando a 6 anni io e tutti gli altri utilizzavamo semplici strumenti dell'epoca: il pennino e l'inchiostro di china. Ebbene sì caro Gianni Marconato. Il vero problema non è costruttivismo sì o costruttivismo no. Il vero problema è tagliare il cordone ombelicale dell'istruzione formalizzata e sostituirla con un sistema più flessibile e adeguato, e lo si può fare in un solo modo: eliminando, e non aggiungendo criteri metodologici incerti. Per seccare alla radice il sistema formal-restitutivo meritocratico, bisogna eliminare i programmi predefiniti, eliminare le verifiche periodiche basate sulle prestazioni e mettere solo prove diagnostiche tipo test OCSE-PISA a fine corso o addirittura all'inizio dell'anno successivo (per osservare cambiamenti reali sul lungo periodo), eliminando materie superflue e lasciando poche discipline fondamentali, creando un sistema di formazione pre-servizio e in-servizio degno di un paese civile. Dando nuovi strumenti, garantendone la funzionalità. Nessuna prescrizione per la nuova didattica tranne una: usare forme blended tali da comportare per l'alunno una riflessione sul compito, una rievocazione del contenuto della lezione, di qualunque tipo essa sia, anche al di fuori del tempo scolastico, per produrre consapevolezza (questo il valore aggiunto della classe capovolta). E il blended se interattivo e collaborativo implica lo strumento tecnologico. Ma bisogna fare attenzione a distinguere il fine pedagogico dal mezzo. E non sempre si fa questa distinzione, mi pare. Chiarito tutto ciò, il vuoto lasciato dell'istruzione formale sarà automaticamente riempito da forme intelligenti e varie, e più efficaci per restituire alla scuola il compito fondamentale di trasmettere le discipline (quelle "cose" che esistono anche senza Internet e che hanno reso possibile l'Internet e le TIC) che, in sostanza, costituiscono la cultura.

3. C'è una terza questione rilevante che sfugge al manifesto-lettera: il grave rischio della smaterializzazione. Gli umani, quelli che come giustamente precisato, avrebbero diritto di apprendere in modo naturale, sono soliti costruire concetti sempre più generali, ma che in ultima analisi sono significativi solo in quanto suscettibili di aggancio ai sensi, ai sentimenti, dotati di una "presa" sulla realtà. Questo semplice fatto è stato già dimenticato dall'istruzione formale, che dicendo "prima impara e dopo capirai", ha elevato l'astrazione priva di senso, tranne quello autoreferenziale, a valore (e persino a potere). Ma ora ci sono segnali, già attuali, del fatto che la realtà prevalente stia diventando quella dei device e dei dispositivi 2D. Il mondo reale rimane fatto di atomi e materia, non di pixel e bit. In tutta l'educazione preadolescenziale e anche in quella adolescenziale occorrerà garantire l'uso e la manipolazione della realtà, in tutti i sensi, compresa quella sociale e associativa, del contatto visivo, tattile, "face to face". Il modo "naturale" di apprendere, la costruzione dei concetti spazio-temporali, la sorgente stessa della sviluppo, nonostante le tecnologie, è data dal contatto diretto e manipolativo della realtà e i nostri geni non si sono già evoluti per vivere nel mondo astratto e virtuale, né ritengo che ciò possa essere una forma di adattamento utile a continuare a vivere su questo pianeta, che non è un videogioco.

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