domenica 16 novembre 2014

Che cosa ostacola la buona scuola e l'integrazione delle tecnologie

Nel gruppo italiano di Google Apps for Education su google plus, stanno cominciando ad emergere commenti positivi di chi fa uso del nuovo google classroom. Per esempio Andrea e Laura scrivono che "è un prodotto intuitivo e molto utile nella gestione della classe", e che "gli alunni ci stanno lavorando senza difficoltà.


il problema non è infatti la difficoltà tecnico-gestionale, ma il passare dall'uso come supporto ulteriore allo studio (optional) all'uso come ambiente di lavoro collaborativo "obbligato", cioè alternativo al tradizionale e "non additivo" ad esso. Tale da giustificare il lavoro aggiuntivo richiesto all'insegnante. Altrimenti, l'avere una bacheca e delle lezioni che ciascuno legge quando vuole e se ne ha voglia, dei compiti che non è obbligatorio svolgere, potrebbero essere fatti in altri dieci modi diversi, forse con meno lavoro. 


Il problema è che in un sistema che favorisce lo studio collaborativo, e non solo un modo diverso di fare i compiti per casa, anche se ingrana e se per questo l'insegnante riesce a fare solo da ideatore di scopi di studio, supervisore, coordinatore e valutatore, ci sono sempre dei feedback, stimoli, suggerimenti e commenti da fornire in modo continuativo. E tutto ciò comporta una mole di lavoro per l'insegnante, notevole anche nel caso la metodologia vada appunto a sostituire le lezioni e valutazioni tradizionali sia in classe sia online. La quantità e la continuità da assicurare a questo lavoro fatto sui documenti di studio che i gruppi di scopo elaborano, superano quelle di chi prepara lezioni, le mette ogni tanto online e assegna il compitino, prepara compiti in classe li assegna e corregge e fa i giri di interrogazioni orali (tutte cose che di fatto rendono quasi superfluo l'ambiente di google classroom e google drive, in quanto legano i voti alle performance individuali piuttosto che alle riflessioni e collaborazioni "domestiche"). 

Ciò determina un primo punto critico dell'uso didattico di G.Classroom-Drive: l'insegnante dovrebbe essere almeno pagato di più per spendere professionalità, tempo ed energia sui ragazzi, mentre l'andazzo che emerge dalla "buona scuola" è che la qualità e quantità della funzione primaria e diretta dell'insegnamento non voglia essere presa in considerazione, per andare a preferire altri fattori di carriera (progetti, funzioni ecc.)

Il secondo punto critico è che, come ho già scritto in precedenza, il dispositivo dotato di tastiera o almeno il tablet come strumento di lavoro o studio per la riflessione lenta, stanno perdendo terreno, almeno in Italia, grazie alle campagne degli smartphone e alla messaggeria. Prima, diciamo dieci anni fa, c'era almeno un computer funzionante per ogni famiglia. Se uno voleva facebook doveva riuscire ad accenderlo e togliere almeno un po' di virus. E allora c'era la speranza di usarlo un'ora alla settimana anche per studiare. Infine la connettività è ancora per troppi studenti scarsa o assente. Fatto sta che in ogni classe ci sono in media un quinto degli studenti che non hanno dispositivo idoneo e/o connessione, e ciò mina la possibilità di utilizzo "intensivo" di G.classroom.  

L'unica maniera per rimediare a queste limitazioni è fare scelte collettive a livello d'istituto, per aiutare le famiglie in vari modi. Fornire dispositivi in comodato d'uso, ampliare la disponibilità delle aule informatica in orario pomeridiano, chiarire con le famiglie che il possesso ed uso educato per lo studente di un buon tablet o net-book o chromebook e la risoluzione dei problemi domestici di connettività non costituiscono solo un "rischio" di aumentare le distrazioni e perdite di tempo dell'allievo, ma sono anche potenzialità e risorse ben sfruttate dalla politica educativa e formativa della scuola sotto forma di servizi e supporto allo studio erogati dai propri docenti. Insomma, una scuola, più di un singolo docente, può convincere un genitore che valga la pena spendere 100 euro di meno su un cellulare di ultima generazione e 100 euro di più su qualcosa di utilizzabile nello studio, in aggiunta o addirittura in sostituzione ai testi cartacei. 

Va da sé che un DS non può stimolare un simile miglioramento dell'offerta formativa se non ha docenti disposti non solo a cambiare sistema, ma anche a lavorare di più con gli stessi soldi di prima!

Questo "piccolo" problema, alla fine, se non risolto, sarà ciò che frenerà l'integrazione efficace delle tecnologie per l'educazione ed anche l'adeguamento del sistema scolastico italiano a nuovi e più efficaci metodi di insegnamento e valutazione.

giovedì 13 novembre 2014

Homo faber faber vs homo sapiens sapiens vs CICAP

Mi interessa il modo che il CICAP intende adottare per una campagna anti-pseudo-scientifica rivolta al PNL.

Ancora oggi, nella maggioranza dei corsi di laurea, specie quelli a cavallo tra scienza e tecnologia quali ingegneria, la tendenza normale della tradizione pedagogica è che le teorie siano "fornite" come "bagaglio culturale imprescindibile" per chi deve occuparsi di questioni tecniche che a tali teorie sono associate in un qualche modo, anche se a volte questa associazione è poco chiara e data per lo più per scontata. In questo modo le teorie sono "fossilizzate" e si trasmettono per tradizione e senza alcuna critica, anche quando ce ne sarebbe bisogno come nel caso della PNL. Dopodiché si passa a lavorare sulle applicazioni pratiche, che sono il vero fine di chi si prepara professionalmente, e dove entra in gioco la vera esperienza professionale di chi insegna. La teoria è giustamente dimenticata in questa seconda fase del training, la più rilevante anche in termini di tempo dedicato. Per cui si tende a perdonare la scorciatoia iniziale, tanto più quando la formazione sulle applicazioni ha risvolti estremamente utili per la società.

Il secondo aspetto, che secondo me entra in gioco in questa "campagna", è che le teorie cognitive, anche se pretendono di avere basi neuro-scientifiche, saranno sempre delle pseudo-teorie, suscettibili di critica del CICAP. Non posso dirlo con certezza per il futuro, ma certamente per quello che abbiamo oggi in circolazione in fatto di teorie cognitive, a cui sono estremamente interessato come insegnante, posso dire che siano tutte pseudo-scienze. Ogni teoria che riguarda le cosiddette scienze umane, sociologica, etologica ecc. ha oggi caratteristiche pseudo-scientifiche. Ma allora, se queste pseudoscienze dovessero "dare retta" al CICAP, come farebbero a progredire? Il fatto che siano "pseudo" non comporta automaticamente che siano inutili le applicazioni derivate.

Per far capire bene dove voglio arrivare (che non è negare la funzione del CICAP), faccio un esempio neutrale e innocuo tratto da un'applicazione pedagogica: le mappe mentali di Tony Buzan si baserebbero su una teoria di Tony Buzan degli anni 60 (era cenozoica in fatto di pseudo-scienze cognitive) che non ha alcun credito né risonanza tra i ricercatori di oggi (e in realtà nemmeno di allora). Però l'inventore della tecnica delle mappe mentali ha "dovuto" ammantare l'invenzione di conoscenze teoriche sulla specializzazione dei due emisferi per aumentare il "prestigio", così come la Roma imperiale "doveva" vantare origini nella Grecia antica. È la tecnica dell'autosuggestione dei venditori di pentole antiaderenti e materassi con memoria di forma, che il CICAP conosce bene. La stessa cosa in gran parte si può dire delle mappe concettuali di Novak basate in modo solo leggermente più trasparente sulla "pseudo-teoria" dell'apprendimento significativo di Ausubel.

La vera questione quindi è: "che cosa sta di fatto progredendo ed evolvendo?" oppure: "di cosa parliamo di fatto quando parliamo di quelle teorie?"

La risposta è semplice. Lo sviluppo delle tecniche ha una vita propria che prescinde in modo totale dalle pseudoteorie attraverso le quali le tecniche sono state originariamente giustificate. In questa evoluzione possono scaturire applicazioni utili per l'uomo, utili per la finanza, queste ultime non necessariamente benefiche per l'uomo in sé. Insomma, luci e ombre. I vari tipi di mappe, didatticamente parlando, hanno più luci che ombre. Per le pentole antiaderenti e i "materassi della NASA" c'è un bilancio tra luci e ombre.
Il PNL ha, rispetto alla iniziale (forse anche attuale) applicazione in psichiatria, uno stragrande eccesso di ombre. La teoria forse è sbagliata e da rivedere, ma la tecnica funziona eccome!!! viene utilizzata in talmente tanti casi, aventi in comune la manipolazione delle persone, che non possono esserci dubbi. Le aziende non spenderebbero i soldi che spendono in formazione dei suoi venditori se non funzionasse. Basta vedere come funziona la televisione, un notiziario, un format serale, per capire come questa tecnica per la circonvenzione delle persone sia progredita.

In conclusione, da socio CICAP, mi domando: a cosa serve in simili casi accanirsi sulla distinzione scienza - pseudoscienza?

Non possiamo mica negare che nella civiltà umana la tecnologia si sia sempre evoluta per conto proprio, e lo abbia fatto anche quando la scienza non esisteva! 

In questo caso il ruolo del CICAP e di qualunque persona saggia può essere solo critico e dialettico, non certo dicotomico.

E la società umana può essere tanto più idonea alla vita dell'uomo quanto più le scienze e insieme le pseudo-scienze insieme riescano a tenere sotto controllo lo sviluppo tecnico-legato alla finanza e quanto meno si verifichi il contrario. Come accadrebbe senza ricercatori "disinteressati", cioè interessati solo alla conoscenza e alla comprensione del mondo e dell'uomo, qualora cioè le teorie e le pseudo-teorie fossero lasciate nel dimenticatoio come fossili inutilizzati.