giovedì 25 agosto 2011

CLIL e comprensione: non è la lingua che fa la differenza

Riporto un mio commento ad un post su una lezione CLIL:
La mia critica è ovviamente rivolta alla lezione "esemplare" tratta da YourTeacher.com e non al prof. di matematica e compagno di corso Giulio, che l'ha scelta per mostrare come sia possibile fare un buon lavoro di CLIL, disciplinare e linguistico, anche sfruttando unicamente le competenze linguistiche dei ragazzi.

Caro Giulio. C'era un punto critico di questa presentazione che mi era parso evidente anche la prima volta che ci presentasti il video.
Credo (o spero) che chiunque insegni la matematica della retta, a differenza di quel video, faccia diverse altre cose:
1. mostri con esempi come cambia il rapporto rise/run con rette a diversa pendenza e soprattutto
2. RICAVI la forma Y = mx + q DOPO aver definito per via grafica i due parametri m e q come da video. (al limite partendo da quella retta particolare e poi provando se la stessa forma funziona anche per altre rette, piuttosto che lavorando in termini simbolici e generali, più complicati).
Qui invece mi dà l'impressione che si tratti del solito tipo di insegnamento in cui l'alunno non sia (non debba essere) un generatore di domande, del tipo: "come faceva la teacher a sapere da prima che 1/2 doveva corrispondere al parametro m della retta?"; oppure: "Come fa a essere sicura che per tutti i punti il calcolo 1/2x + 3 mi dà sempre il corretto valore y e, se la magia è confermata da alcuni test, da dove è uscita?". Oppure ancora: "esistono altre forme di retta oltre alla slope-intercept?" (domanda insita nel titolo dell'argomento), e poi: "La retta è sempre la stessa anche in forme diverse?" o "Come passo da una forma all'altra di rappresentazione della stessa retta?".
Queste sono domande-esigenze che gli "studenti-comprenditivi" tenderebbero a fare-avere, o perlomeno intuire, che diventerebbero domande ben coscienti e presenti in una scuola che puntasse alla comprensione. Questo c'entra molto con il CLIL: secondo me non possiamo rinunciare alla didattica della comprensione, ben diversa dalla didattica dell'"accettazione" (non facciamo gli gnorri!), solo per la difficoltà della lingua. Il momento della riflessione metacognitiva è fondamentale e se serve si può farlo anche in italiano. Per esempio, la lezione vista NON sarebbe affatto più difficile dal punto di vista linguistico se, invece di partire dall'equazione della retta già data, si mostrasse visualmente con altri due esempi identici a quello fatto, che si ottiene sempre slope = 1/2 allungando il tratto "run" verso sinistra fino ad arrivare al valore x al punto q,0, per cui sarebbe evidente (costruito nella mente e non ricavato già fatto dalla teacher) che per tutti i punti il pezzo di ordinata da sommare a q è mx. Insomma non è la lingua che fa la differenza, ma la nostra concezione dell'insegnamento-apprendimento. Potemmo anche lasciare la lezione tal quale e riservare tempo alle domande (spazio metacognitivo + ricerca di soluzioni e spiegazioni): alla fine il risultato sarebbe simile (ma -in questo caso - più time demanding). Si avrebbe anche il risultato che i ragazzi capirebbero che non è importante la fonte della conoscenza, ma ciò che essi stessi, la comunità di apprendimento, è in grado di costruire da/su di essa.
Molti colleghi dicono che i ragazzi non sono interessati e non si attivano affatto alla comprensione, e ciò giustifica le loro scelte didattiche "accettative" che andrebbero "al sodo" (traduz. "a ciò che c'è da saper ripetere o ri-fare") e non si perderebbero in "inutili e controproducenti problematizzazioni". Io invece sostengo, al contrario, che è l'applicazione diffusa di questa convinzione la causa stessa della "docilità passiva"¹ (sostanziale istupidimento) degli studenti, e non viceversa. Cioè è la scuola che spegne in qualche modo (fortunatamente spesso solo all'interno delle sue pareti) l'esigenza di comprensione che è naturale nell'uomo.

¹ Mi piace il termine "docilità passiva", degno sostituto di "accettatività". L'ho tratto dall'introduzione di Rinaldo Pitoni (Traduttore e curatore per la Società Tipografico-editrice Nazionale nel 1911) all'opera di Edward Thorpe "History of Chemistry" del 1909 (scaricabile gratis da liberlibri).