giovedì 8 marzo 2018

L'età del capitano

Spesso nei buoni gruppi dei social si trovano stimoli interessanti. Ma quello che segue mi porta a considerazioni generali difficilmente contestabili, alla luce di tutte le evidenze possibili.

Scrive Loredana il 7 marzo sul gruppo FB ESPERIENZE DIDATTICHE A28/A50 ex A059/A060
«Buonasera. Ho una seconda "speciale" (lo dice anche la psicologa). stiamo facendo L estrazione di radice. In classe sono 19. Oggi 5 assenti. Gli altri 14 hanno provato tutti, TUTTI, a dare una risposta a questo problema : un pastore ha 225 pecore e le porta al pascolo per 10 giorni di seguito. Il pastore ha cominciato a lavorare all età di 16 anni. Quanti anni ha ora il pastore ? 
Tra le risposte:
225 anni
Radice di 225 è 15. Per cui 15 più 16 fa 31 anni
Radice di 16 è 4 per
 cui 4 per 10 fa 40 anni
Si fa 16 anni più 1 pecora al giorno
Radice di 225 più radice di 16 più 10.
Eccetera eccetera
Dopo aver spiegato che era un problema senza senso, una mi ha detto: ma ora ci dice quanti anni ha il pastore ?
A voi è mai capitata una situazione così ? Avete mai provato a dare problemi senza senso ??
»


Seguono immediatamente esempi analoghi, tra cui, sopra tutti, il problema dell'età del capitano. Nel relativo blog l'analisi della problematica mi pare perfettamente centrata, e sebbene non pretenda di andare oltre il settore didattico della matematica è in realtà perfettamente generalizzabile alla vacuità di senso di tutta la scuola.

Nella mia risposta (qui leggermente modificata) analizzo la genesi del fenomeno nel quotidiano e giungo ad una conclusione generale che si ricollega al caso di una studentessa quattordicenne molto brava e capace che sta cercando di rimediare ad anni di uso della calcolatrice, forzato da una diagnosi errata di dislessia, che ha annullato in lei il senso di quantità numerica e la capacità di elaborazione mentale. Memore anche dei tantissimi "normali" e non medicalizzati che però non hanno ugualmente gli stumenti essenziali per valutare la quantità numerica (rapporti, frazioni decimali, significato concreto dei numeri decimali) e capacità di calcolo mentale.

«Speciale o no, BISOGNA dare problemi senza senso, oppure anche CON senso in cui però ci sia ridondanza di dati e informazioni (e in questo caso potendo risolvere il problema simile con semplici operazioni ma senza le radici quadrate che si stanno insegnando) perché, come evidente anche in questa esperienza, esiste una tendenza naturale (umana) ad applicare automatismi senza dare senso ad ogni dato ed operazione tra dati. Affinché gli studenti apprendano ad apprendere la notizia più importante: che il senso, alle cose, glielo devono dare loro. Ogni volta che si insegna una tecnica nuova occorre portarsi dietro il (buon) senso di tutte le tecniche precedenti che, nel frattempo, dovrebbero esser diventate 'sensate', ossia applicate e applicabili per scelta consapevole ai più diversi contesti. Il fatto che invece si pratichi un insegnamento addestrativo a strati, sempre concentrato al 90-99% sul nuovo e finalizzato alla prossima verifica performativa, fa sì che arrivati alla secondaria si avranno i risultati che si hanno: incapacità più completa di leggere un problema anche più che elementare, contestualizzare e dare senso ai dati, immaginare azioni concrete prima che formali con tali dati e, da parte della didattica, evitare nel modo più assoluto i problemi autentici, vari, inediti, anche perché viste le carenze acquisite nel problem solving, tali problemi sarebbero inapplicabili in un sistema di valutazione prevalentemente "premiale" dell'efficienza tecnica, sistema non formativo ma basato sull'efficienza performativa, dunque disinteressato all'analisi metacognitiva dei processi. 

Rendiamoci conto, insegnanti di tutti gli ordini e gradi, che la scuola, anche con le classi e gli alunni "normali" procede di fatto attraverso "misure compensative e dispensative" indotte dal vuoto formativo del sistema di valutazione prima ancora che dalla medicalizzazione, e tende a trasformare tutti gli alunni in DSA!»