giovedì 23 marzo 2023

 Ancora matematica!!!

In risposta a questo articolo su Tecnica della Scuola il 23 marzo 2023: 

matematica-gli-studenti-la-odiano-colpa-dei-docenti-che-la-insegnano-male-gli-esperti-contro-i-prof-fissati-su-procedure-e-formule-da-imparare-a-memoria?

Sappiamo bene che il problema non è la memoria e nemmeno la mancanza di relazione con la realtà. Almeno non nel caso in cui - a partire dall'ambito didattico della matematica - si inventano i problemi ad hoc come pretesti per poter mettere in atto qualche procedura matematica. Così come ai più piccoli nei "problemini" si inseriscono "paroline chiave" per suggerire facendo finta di non farlo, l'operazione. 

Il vero problema è quello della proceduralità senza senso e della mancata ricerca di significato concettuale, come si legge abbia detto Rosetta Zan e più dettagliatamente da come riportato dal'intervento di Samuele Antonini dell’Università di Firenze. 

Io avrei da aggiungere un paio di cosette. 

Primo, avendo seguito ragazzi del liceo, vedo che la proceduralità (forse sarebbe più corretto chiamarlo approccio algoritmico, in cui tecniche e simboli sostituiscono il senso di ciò che si fa e il perché, come accade per un automa) è un "pozzo di potenziale" seducente in cui docente e alunno cadono insieme, in un rapporto di complicità. E la ragione principale è che a livello di verifiche questo approccio sembra per entrambi più rassicurante. E i nodi vengono al pettine proprio quando la matematica non sarà più semplicemente da "applicare" seguendo esercizi applicativi e ripetitivi. Ma richiederà una piena comprensione e anche esplorazione creativa di alternative di senso nell'interfaccia tra la realtà e le matematiche possibili. E questo mi conduce alla mia seconda affermazione, che scaturisce più da vicino dalla mia esperienza di docente di una scienza "dura" (in quanto ricca di aspetti di modellizzazione matematica). La matematizzazione del reale, o modellizzazione matematica è secondo me un approccio alternativo rispetto alla "applicazione". Quando i ragazzi devono risolvere un problema applicativo così come viene solitamente presentato in matematica, essi capiscono istantaneamente che l'obiettivo è una data procedura da applicare e quasi non leggono il senso della situazione reale. Qualora le cose siano diverse e la procedura non sia facilmente riconoscibile, i ragazi non sanno da dove cominciare e/o commettono errori di impostazione. Anche quando il problema è di chimica generale, chimica-fisica, tecnologie chimiche, chimica analitica, la comprensione situazionale del problema avrebbe in teoria un ruolo preminente. Come spesso mi tocca dire "non scrivete nulla finché non avete chiarito che cosa succede e il contesto in termini descrittivi, qualitativi; sospendete anche la lettura della domanda specifica". Perché è in questa fase che sono riconosciuti i concetti pertinenti. Ma la mentalità della didattica matematica ha invaso anche la prassi e i testi di chimica. Salvo poche eccezioni si leggono testi di problemi in cui mancano indicazioni decisive su vincoli e condizioni che devono essere assunte in base al fatto che in loro assenza il problema non potrebbe essere risolto. Eppure magicamente i ragazzi individuano la procedura da seguire semplicemente perché è così che hanno imparato a fare. Se chiedo il perché non me lo sanno spiegare, segno che effettuano calcoli senza sapere come questi sono connessi alla situazione e a determinate ipotesi di lavoro. Se è stata adottata una approssimazione, per loro è una cosa che "si deve" fare, non una che "si può fare se...". L'approccio alternativo, oserei dire, anche per apprendere la stessa matematica, è appunto quello in cui non si applica la matematica del programma, ma si lavora alla matematizzazione per risolvere problemi reali e la matematica si adatta a partire dalle conoscenze matematiche spontanee, le uniche veramente padroneggiate dagli studenti. A partire da lì si può anche costruire una matematica più efficiente e più sensata (la ricerca educativa ha individuato processi come il "folding back" per farlo). In chimica tolgo il condizionale, perché questa è l'unica maniera per non oscurare i concetti chimici. Se io dico qualcosa del genere ai prof. di chimica e di matematica mi sento rispondere che "ma così complichi e crei confusione".

Ma non sarà che la realtà è complicata, come ha affermato Zan, e non ha senso semplificarla solo per creare esercizi di matematica e mettere voti e "misurare" il "merito"? 

Alla radice di tutto c'è infatti l'approccio valutativo che gli insegnanti per primi non vogliono mettere in discussione e che impedisce che a scuola si conosca una "complessità amica" e, forse, che gli stessi insegnanti si appassionino alla vera scienza che dovrebbero veicolare invece di quella addomesticata che insegnano. 

La cosa più triste è che il testing algoritmico addomesticato (senza parlare delle "crocette") ha invaso pure l'università! Esamificio e stipendificio.