lunedì 9 luglio 2007

ABSTRACT

Questa riflessione prende lo spunto da un articolo presentato da Ahlberg al primo congresso CMC di Pamplona, in cui l'Autore tende a relativizzare il concetto di struttura gerarchica delle mappe concettuali, riducendo di fatto l'importanza di tale criterio.

Partendo da un'esame critico dei concetti di inclusività, logica gerarchica, struttura piramidale e non, si arriva a dimostrare che il termine mappa concettuale, se definito su basi esclusivamente strutturali, è insufficiente a descrivere varietà di processi molto differenti e quasi antitetiche.

Traduzione veloce del settimo punto del decalogo di Ahlberg

7. Novak e Gowin (1984) e Novak (1998) hanno argomentato che le mappe dovrebbero essere sempre gerarchiche. Questo assunto appare spesso fondato ed economico, ma non sempre. Per esempio, Novak e Gowin (1984, pp 16-18, da noi 32-34) hanno dimostrato che gli stessi concetti possono essere disposti gerarchicamente in tre modi diversi. La stessa conclusione potrebbe essere ugualmente raggiunta se il concetto più importante fosse posto in qualche caso al centro della mappa concettuale, o altrove, nel caso la scelta costituisca l’opzione migliore. In tal caso possiamo immaginare che il centro della mappa sia equivalente alla cima di una piramide vista dall’alto. È bene ricordare che il mondo è un sistema, per cui a volte la migliore rappresentazione del mondo e dei suoi sottosistemi consta di sistemi concettuali non necessariamente gerarchici. Novak e Gowin (1984, pp. 16-18, o 32-34 nel testo in italiano) hanno presentato tre mappe concettuali che illustrano lo stesso concetto. Esse sembrano gerarchiche, ma non c’è nessun modo per mostrare che il concetto più in alto sia il più vasto o il più inclusivo, come dovrebbe risultare per una vera piramide concettuale, secondo Novak e Gowin (1984, p. 33) e Novak (19988, pp. 3, 227). Ci sono anche ragioni ontologiche ed epistemologiche per cui le mappe concettuali possono non essere sempre gerarchiche. Il mondo è un sistema, per cui la sua migliore rappresentazione è un sistema concettuale, una mappa concettuale, che può non essere sempre gerarchica. Un’idea similare è emersa anche dalle menti di Safayeni, Derbentseva e Cañas (2003) che hanno sostenuto argomenti sulle mappe cicliche, che non sono gerarchiche.

Su questo punto ritengo che ci sia confusione. L’argomentazione di Ahlberg presuppone che Novak si appelli all’esistenza di un criterio assoluto di gerarchia che poi invece si rivelerebbe inesistente in termini generali. In realtà ritengo che Novak e Gowin accennino solo alle strutture classificatorie per introdurre in termini generali il concetto di inclusività, ma che poi parlino di un principio di inclusività più leggero, o di “inclusività soggettiva” oppure, ancora, inclusività “locale”.

È vero che il concetto di acqua non è in assoluto più inclusivo di quello di essere vivente né è sempre vero l’opposto. Ma è vero che, limitatamente all’impostazione data alla mappa a pag. 32 (16 in originale) l’acqua sia più inclusiva di essere vivente, in quanto l’autore della mappa vuole ammettere che l’acqua sia necessaria a un numero di entità, tra cui agli esseri viventi. A pag. 34 in alto l’acqua risulta, invece, meno inclusiva degli esseri viventi, essendo una delle entità in essi contenute, mentre nella mappa in basso l’acqua è nuovamente un concetto più inclusivo perché descritta come sostanza con ubicazioni (esseri viventi) e caratteristiche (capacità di cambiare di stato).

Il fatto che il rapporto gerarchico tra acqua e esseri viventi si modifichi nelle tre mappe, non sta a significare che sia sempre possibile, una volta scelta una certa prospettiva, invertire la relazione tra tali concetti (a meno di non modificare il contesto, cambiando altre parti della mappa stessa). L’arbitarietà non è ammessa, una volta che si abbia un contesto. Questo è vero perfino nelle mappe citate di Novak e Gowin (1984), dove, in assenza di una domanda focale, non esisteva un focus ben definito e, conseguentemente, avvenivano associazioni abbastanza arbitrarie tra differenti domini.

L’inclusività, in quanto relazione gerarchica obbligata in ogni serie di proposizioni, è rispettata, infine, anche nelle mappe cicliche proposte da Safayeni, Derbentseva e Cañas. Un esempio ovvio è costituito dal ciclo dell’acqua, dove la differenza di rango tra due concetti è determinata dal ruolo di causa – effetto che li lega in modo unidirezionale.

La confusione si incrementa scoprendo che nella terminologia delle mappe mentali si usa la parola gerarchica per riferirsi alla struttura radiale e ramificata delle stesse, in modo del tutto indipendente dalla logica delle relazioni. (vedi per es. Articolo di Scocco, di "Scatole Pensanti")

La conclusione sul piano pedagogico è che, nel contesto della mappa, sarà possibile identificare con certezza alcune inversioni del rapporto di inclusività. Questi errori si potranno generare conservando residui della struttura sequenziale del testo originale, o a causa di uno sviluppo disordinato del pensiero, per una scarsa disponibilità a operare riarranggiamenti (si lega un concetto appena rievocato, senza riflettere sul suo rango); oppure l’inversione potrà risultare da una limitata capacità ad effettuare operazioni mentali di “rotazione” prospettica, da una difficoltà a modificare le forme grammaticali e sintattiche o per tutti questi fattori sommati assieme. Per queste ragioni, l’analisi della logica gerarchica di una mappa concettuale è assolutamente irrinunciabile se la si vuole utilizzare la mappa stessa come strumento di valutazione. L’utilizzo del concept mapping come linguaggio della mediazione diretta insegnante – alunno, permetterà anche di sfruttare in termini dinamici l’analisi delle relazioni gerarchiche, in quanto solo in questi termini sarà possibile rendersi conto del grado di flessibilità nell’assegnazione dei ruoli dei concetti all’interno delle strutture in costruzione.

Se invece guardiamo alla mappa come oggetto statico, prescindendo dal processo generativo, il fatto che le relazioni binarie rispettino criteri locali e non arbitrari di gerarchia tra i concetti non implica affatto l’emergere globale di una struttura piramidale. La mappa potrà ben essere al tempo stesso gerarchica e sequenziale, o ciclica, ibrida ecc. La struttura piramidale non può essere identificata con la gerarchicità, caratteristica che regola il carattere unidirezionale assegnato dai singoli soggetti alle singole parti della mappa. Lo studente assegna il diverso rango ai concetti e può farlo in modo coerente e graduale o in modo logicamente incoerente.

L’argomentazione di Ahlberg, fondata su ragioni ontologiche ed epistemologiche, fa riferimento continuo al mondo come sistema che non sempre ha una struttura a livelli rappresentabile come mappa piramidale. Ne conseguirebbe che in alcuni casi una mappa che non segua tale struttura potrebbe costituire un “modo migliore” di rappresentare un certo sistema. Ma la caratteristica del “modo migliore” sembra alquanto vaga e, soprattutto, presuppone che esista una particolare struttura, per quel sistema o sottosistema, che sia indipendente dalle prospettive o dalle necessità quanto meno cognitive di chi deve rappresentarla. Questo assunto non è vero, pertanto non possiamo assumere che una mappa non piramidale e, soprattutto, con relazioni gerarchiche poco coerenti, si possa automaticamente considerare accettabile, senza sottoporre il dominio di conoscenza a un tentativo di analisi critica basato sul criterio gerarchico strutturale. Il mondo è certamente un sistema complesso dove i criteri gerarchici non valgono quasi mai e le influenze causali non sono quasi mai unidirezionali. Ma, come Ausubel ha messo in evidenza, il modo che la mente umana che apprende utilizza, per mettere ordine e per dare un senso alle cose, consiste nel costruire strutture concettuali globalmente gerarchiche, caratterizzate, inizialmente, da un alto livello di instabilità e destinate a stabilizzarsi prima ed accrescersi poi.

Perché la maggior parte delle mappe concettuali che abbiamo fatto o esaminato risultano essere piramidali, mentre sono pochissime quelle cicliche e inutili, oltre che rare, quelle sequenziali? Si tratta di diffusione tacitamente imposto di un modello prevalente o, piuttosto è la mente che fa sì che tali strutture emergano più facilmente o “naturalmente”?

La mia ipotesi di lavoro è che una mappa ciclica, o qualunque altra struttura di rappresentazione non prevalentemente a livelli gerarchici, possa costituire sempre un utile tentativo di rappresentare il “funzionamento” di un sistema (esempio “ciclo dell’acqua”), dove una mappa piramidale risulterebbe assolutamente inefficace. Ma il successo di tale tentativo si fonda sulla preesistente padronanza concettuale, in chi costruisce la mappa, dei concetti del dominio di conoscenza studiato. Tale padronanza, a sua volta, si basa su una struttura rappresentativa che non è presente nel mondo, ma che è stata costruita secondo gli stadi e secondo il principio di differenziazione progressiva (per sua natura piramidale) indicati da Ausubel. Anche le strutture epistemologiche risentono prevalentemente di questa impostazione tipicamente “umana”, che nasce essenzialmente dalla tendenza naturale, per l’uomo, a classificare. Analogamente, attingendo da un quadro epistemologico consolidato, comprendente quindi precisi e ben condivisi nessi generativi tra i concetti scientifici, sarà possibile costruire modelli, descrizioni o narrazioni relative a fenomeni o porzioni del sistema mondo, verificabili, falsificabili, atti a interrogare il sistema.

La mappa strutturale, così come quella che racconta un’epistemologia, frutto dell’individuo o di una comunità esperta nel tempo, costituiscono comunque le testimonianze di processi cognitivi, come una stratificazione di detriti conserva parecchie tracce delle modificazioni geologiche passate, e risultano per questo necessariamente piramidali. Anche le mappe non piramidali possono rappresentare processi, ma di un tipo che si verifica nel mondo, con presunzione di oggettività.

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