lunedì 29 dicembre 2014

Perché questo aumento generalizzato delle difficoltà di apprendimento?

Antò. Ho pensato un po' più seriamente alla questione del'incremento preoccupante delle difficoltà di apprendimento.
La mia riflessione è stata scatenata da uno psicologo interpellato dalla RAI che ha detto oggi nella trasmissione sulla salute dopo il TG2 che si potrebbe fare molto per "curare" la dislessia intervenendo fin dai tre anni. Problemi genetici e casi di vera dislessia a parte, certamente oggi più diagnosticati di ieri, c'è una degenerazione culturale in atto
Per tutti i casi borderline, gli psicologi che diagnosticano misure compensative e dispensative non fanno che chiudere il ciclo di questo problema senza riuscire a intervenire sul sistema classe, nelle interazioni educative, nel funzionamento delle comunità di apprendimento nel loro insieme, rendendole veramente inclusive. Sono come quei medici che durante una guerra aumentano le scorte di zinco per sigillare le bare. Ma non sono loro la causa del problema. Non è come quando ti dissi: "non hanno il coraggio di dire agli insegnanti che il loro insegnamento non sta funzionando più e che avrebbero delle idee sul perché non lo fa, ma non vogliono disturbare lo status quo, quindi si va avanti con la medicalizzazione del problema". 
Ma non è neppure la scuola la vera causa prima del problema. La scuola è anzi una parte lesa (come dico sotto, da parte del mercato tecnologico)

Concordo con te che il numero dei sofferenti varie forme di svantaggio intellettuale, soprattutto quelle non diagnosticate, è in costante aumento, almeno per gli alunni quattordicenni che mi passano sotto da quasi trent'anni. I minori che vivono con disagio limitazioni delle funzioni cognitive, in input, o in elaborazione, o anche in output, stanno realmente aumentando di anno in anno.

Mi sto convincendo che il problema è causato anche da alcune derive culturali - tecnologiche esterne alla qualità della scuola: 

1° dalla diminuzione del bagaglio di ore di lettura e ascolto della lettura, crollate a livelli catastrofici nell'infanzia. Su questo punto ti invito a leggere Proust e il Calamaro di Maryanne Wolf
 (la risposta esatta alla penultima domanda della recensione è "perdite" e alla domanda finale  è "certamente sì").

2° nella tecnologia che instupidisce in diversi modi:

2.1 effetto distrazione. Oggi è molto più facile distrarsi di ieri. Arriva un bip sullo smartphone, un ping sul computer, un boing sul tablet e devo alzare la testa dalla pagina cartacea: ce la rimetterò quando avrò risposto al bip, curiosato sul ping pubblicitario, sistemato il boing del tablet e nel frattempo scritto qualche segno in risposta a degli SMS. Il tutto senza alzarmi dalla sedia. Como posso scavare un tema con dei pensieri profondi? L'unica ermeneutica che potrei fare in questo modo è quella delle cavità nasali con la mano che non uso per il tap&swipe. 
Una volta, se una lettura cartacea mi ispirava un'altra lettura, la distrazione non era eterodiretta, ma autogenerata. Dovevo alzare le chiappe per andare là dove il libro stava, ricordando più o meno la zona o anche il fatto che era una parte sottolineata e una volta trovato il testo mettevo insieme le due cose e aumentavo la portata della comprensione di ciò che stavo leggendo. Chiudevo la "distrazione creativa" con un appunto, o scrivevo ad un amico di letture vero, non su facebook.

2.2 Leggere è fatica. Per le nuove generazioni è una fatica terrificante. Ho visto un'amica di famiglia far leggere la figlia come una sorta di gioco in cui la figlia pronunciava (e in modo svogliato) una parola ogni tre e la madre le altre due. Perché? Perché leggere non è più per se stessi, ma per accontentare gli altri. Non è più chiaro che la comprensione e la conoscenza e persino il piacere possono derivare dalla lettura. Questa semplice percezione scoraggia la lettura.

2.3 effetto surrogato della lettura. Fin da piccoli ogni "compito" connesso con l'apprendimento o con l'intrattenimento, o un qualunque scopo da raggiungere, come istruirsi con i fratelli e amici per fare la "prima partita a Monopoli" (quando mai se oggi c'è la Play Station), è oggi surrogato dal touch, tap and swipe. Uno legge un titolo, la scritta in un pulsante. Poi clicca e va avanti. Se avanti non è andata bene, allora torna indietro. Se non riesce a tornare indietro, allora spegne tutto e ricomincia da capo. Dal cervello dei preadolescenti ed adolescenti sono scomparse le parole, le proposizioni, le coordinate e subordinate, i perché, i significati. Ci sono le mappe procedurali delle operazioni "da fare" ciecamente e le cose "che si possono fare" per far vedere che le si sanno fare. Ma a cosa servono? Bah: "c'è sempre qualcun'altro che potrà chiedermi come andare da lì a là... e questo mi basta per sentirmi importante". 

2.4 effetto omologazione della stupidità. Perché dovrei arrivare a leggere e capire un intero paragrafo di testo o superare le difficoltà di decodifica, quando posso cliccare da qualche parte o chiedere a qualcun altro "cosa c'è da fare" rispetto a quel compito di apprendimento? Si suppone che il compito sia fare (e non capire) qualcosa, e che questo qualcosa sia uguale per tutti, indipendentemente dal perché, dal suo senso, dalla sua origine, da cosa ci sta dietro. Qualcosa che appartiene alla scuola, al prof, non a "me" studente e persona autonoma. Quindi si crea una "social chain", che manda in visibilio gli adoratori della digital-twitter generation, in cui tutti copiano da tutti confidando che il primo della catena sappia e capisca ciò che doveva fare. Imitandolo sarà come l'aver capito o saputo fare; senza il "come"; sarà averlo capito e saputo fare effettivamente! Pia illusione e speranza vana, poiché nessuno tra i tanti pensava che potesse esserci qualcosa, nella propria mente, che si sarebbe lentamente sviluppata attraverso la fatica e l'esercizio della lettura, della contestualizzazione, dei tentativi ed errori di interpretazione che tutti noi della "vecchia generazione" abbiamo fatto e continuiamo a fare su testi di sempre maggior complessità.

2.5 Twitter e la contrazione senza limiti dell'informazione causata anche dalla miniaturizzazione di stupidi dispositivi con cui si dovrebbe fare tutto. Voglio che qualcuno faccia un dannato grafico che mostri come l'informazione utile crolla esponenzialmente con la diminuzione, sparizione delle parole e loro trasformazione in icone. Esempio:
Google Drive nel computer: "documenti condivisi con te" Una proposizione con soggetto, predicato e oggetto! "Con me" da altri! capito? non "da me ad altri! Il potere delle preposizioni. Grandioso! Stessa funzione nel tablet, leggo: "In arrivo"; in arrivo cosa? A chi? Sto cercando documenti su cui ho già lavorato, e allora perché, dannazione non li vedo tra i MIEI documenti! Il 90% degli studenti non li trova e rinuncia a questo stadio ad andare avanti. Passiamo al piccolissimo schermo del cellulare-smartphone: c'è un'icona che non si sa cosa cacchio significhi, mimetizzata con la grafica; forse aprirà l'elenco dei... Bho? Ecco il significato integrale intuito da tutti quanti si sono abituati ad usare drive.google a tentativi ed errori, eccola in tutta la sua bellezza e completezza: "documenti condivisi con me, ma di cui io non sono il proprietario o creatore originale". Ohhhhhhhhhhhhhh! Ma perché questa frase completa, inequivocabile, con parti ricorsive e parole funzionali, deve essere abbreviata? A che pro? "Perché l'utente va di corsa e non riesce a leggere in fretta il senso di una frase lunga!" Ma perché diamine non lo saprebbe fare? Ma non sarà forse per il fatto che è stato abituato fin da piccolo ad esprimersi ed ascoltare monosillabi e brevi comandi invece di voci calde e narranti, e dell'abitudine a soffermarsi solo sulle prime due o tre parole di un testo, quanto basta a capire ciò che deve fare, per poi abbandonarlo prima ancora di pensare al "perché" lo debba fare? 

È l'adeguamento del mercato che causa degenerazione culturale che a sua volta genera ulteriore adeguamento, in un circolo vizioso che segue le leggi del mercato.

Ironicamente - ma non sarcasticamente - parlando, andiamo avanti così e tra dieci anni uno studente che saprà leggere e scrivere un paragrafo dall'inizio alla fine, e capire perfino cosa significa, sarà oggetto delle attenzioni di un'equipe di psicologi e sarà dotato di strumenti compensativi e dispensativi.

Il problema è serio. La pedagogia è stata messa nella raccolta differenziata dallo stesso sistema educativo, anche da molti insegnanti, invece di essere chiamata a vigilare sul mercato tecnologico, almeno per tutelare la prima infanzia!

Se non cambiamo la cultura della letto-scrittura tra un po' i ragazzi a scuola non capiranno più un ragionamento minimo, un testo, un concetto, perché saranno regrediti a forme espressive primordiali, con il linguaggio dei segni, tacche sugli ossi (sempre in senso ironico), icone varie, ed espressioni gutturali e del viso (trasformare il proprio viso in emoticon, abitudine già molto diffusa, sostitutiva della parola).

Forse si sarà capito che sono un sostenitore del primato del linguaggio verbale! Mi dispiace se qualcuno non è d'accordo. Per rendere più chiaro cosa intendo, quando chiedo di leggere e vedo che la maggior parte degli studenti "fa finta" di leggere, ho inventato un metodo che non risolve il problema, ma almeno riesce a far capire che cosa pretenderei: ho constatato con piacere che gli ultimi gratta e vinci sono tutti diversi, per cui ogni volta che ne "gratti" uno "tocca leggere" tutto, e con attenzione, se vuoi capire se hai vinto oppure no. Ci sono paroline come "se", "allora"... Mi basta dire: "rileggi queste due righe come se fosse un gratta e vinci e devi capire se hai vinto".

PS. Antonio mi ha segnalato un esempio concreto del ciclo di instupidimento causato dal mercato che si adegua all'instupidimento del consumatore:
A questo proposito pensa che i giochetti (su playstation, xbox, ...),
piu' sofisticati ad ogni release, erano in forte calo perché giudicati noiosi (e ci credo, hai mai affrontato questi "giochi" ? Se non hai acume, intelligenza ed istinto, nisba!!!)
Allora hanno messo delle soluzioni automatiche a tempo per far credere al giocatore (new age) di averle trovate lui !!!!   I giochetti hanno ripreso il via con le vendite!

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