domenica 24 aprile 2016

Fuori gli avvocati dalla scuola

Dove sta scritto che le verifiche debbano essere per forza individuali, per forza sommative, per forza svolte a scuola, per forza cartacee, per essere legali? Invece di perdere tempo a cercare, riporto lo scritto di Adele Repola Boatto, tratto da questo documento, bello e completo dell'ispettore ministeriale prof. Ennio Monachesi.

http://www.edscuola.it/archivio/comprensivi/VALUTAZIONE.pdf

”Uno dei momenti determinanti e più produttivi della mia vita professionale è stato quello in cui mi sono chiesta perché i momenti di valutazione dovessero essere separati da quelli di apprendimento, insieme alla successiva scoperta che anche questa separatezza non era altro che una consuetudine, modificabile quindi in piena legalità. Avevo infatti verificato come fossero diversi i dati che su di sé uno stesso ragazzo forniva mentre collaborava alla costruzione del proprio sapere rispetto a quando doveva spuntare voti di rendimento, in situazioni esclusive per questo scopo….. Quando si afferma che il sapere, più che insegnato può [anche] (parola aggiunta da Monachesi) essere costruito in classe, che è importante aiutare i ragazzi a collaborare lealmente tra loro e ad essere responsabili verso la comune attività, si suscitano facilmente perplessità: chi non ci ha mai provato teme conseguenze di dispersività, disordine, scarsa produttività. Posso provare, dopo lunga esperienza, che è vero il contrario. L’apprendimento effettivo si ottiene se l’alunno partecipa attivamente alla sua elaborazione. Un ambiente-classe in cui questo è usuale offre elementi di valutazione molto più autentici e significativi…Si libera in tal modo molto tempo per l’apprendimento perché risultano superflue gran parte delle “interrogazioni”, supplizio di pochi, divagazioni per molti
la partecipazione alla costruzione degli argomenti attiva abilità, la pluralità delle situazioni offerte facilita i recuperi; si ottiene quindi, dopo una fase iniziale di adattamento, un progressivo miglioramento ed ampliamento delle generali possibilità di apprendimento… Ma come registrare questi elementi di valutazione? I numeri rivelano tutta la loro inadeguatezza e, del resto, con numeri pronti a scattare si blocca ogni effettiva partecipazione degli allievi.” 
(Adele Repola Boatto)

Nell'articolo di Monachesi c'è molto di più. 


Le verifiche scolastiche devono sempre avere carattere prevalentemente formativo. Perciò è necessario "defiscalizzare" la valutazione a scuola, anche per renderla più snella, più diagnostica e più capace di incentivare quei processi virtuosi di apprendimento che le valutazioni devono orientare e non disorientare. 

Il problema della docimologia, è che cerca di dire come avviene la valutazione, senza poter far nulla per aiutare a far capire, a chi ne adotta le tecniche, quale sia la funzione pedagogica della valutazione. 

Come dice la Boatto, non si può scorporare la valutazione dalla pedagogia. 

Vale per tutti l'esempio del Majorana di Brindisi, dove i docenti adottano tecnologie a tutto spiano, un test formativo veloce di autovalutazione in ogni lezione, e dove, per aver parlato anche di persona con i colleghi che lo fanno, ho visto che per loro il problema della fiscalità - legalità, ad esempio nell'acquisire informazioni valutative da un form online fatto a casa o a scuola in collaborazione, e trasformare in "voti sul registro" queste informazioni, semplicemente non esiste. Ho verificato che non hanno neppure sentito il bisogno di darsi una strategia comune per gestire la questione dei voti agli occhi delle famiglie. In poche parole ciascuno verifica e valuta come ritiene sia giusto (come dovrebbe essere per la libertà di insegnamento) e nessuno teme che qualcuno attacchi e invalidi i criteri e metodi formativi di valutazione perché potrebbero creare difficoltà ad alunni che volessero prepararsi in maniera tradizionale, ossia imparando e ripetendo ogni lezione in funzione della verifica e dimenticandola subito dopo, magari perché in quel modo hanno sempre 9 e 10 e non devono mai impattare in qualcosa di difficile, che richieda di mettere in gioco facoltà cognitive superiori, prevedendo errori e possibilità di rimediarvi facendo autentici passi avanti nell'imparare a imparare.  
Sarebbe assurdo che per asservire l'istanza di pochi ribelli e legulei del voto, che non hanno capito che a scuola si va a imparare e non a "prendere voti" (quello è il seminario vescovile), si possa rinunciare a fare tutto ciò che serve a costruire una comunità di apprendimento di qualità reale. La pretesa di oggettività, figlia della "logica meritocratica", non sa fare i conti con la realtà, che prevede differenze individuali, impossibilità dell'oggettività, fallibilità di singoli step educativi, una buona o cattiva qualità sul lungo termine non traducibile in voti o "medie", e soprattutto richiede buona fede reciproca, nel rispetto assoluto dell'azione docente. Prima o poi si dovrà capire che l'insegnamento-apprendimento scolastico è un processo profondamente umano. La libertà e l'autonomia di insegnamento sono l'aspetto centrale di questo processo di qualità reale
Un altro fattore importante è, ad esempio, che il  DS del Majorana, Salvatore Giuliano non è mai "ribelle" nei confronti dell'innovazione. Potrebbe esserci forse meno caos, però quella scuola non è certamente un "votificio di voti fasulli", ma un sistema di educazione realmente all'avanguardia. 

Dunque, perché quello che faccio dovrebbe andare bene in una scuola ed essere illegale in un'altra, secondo qualche azzeccagarbugli da strapazzo? Dove sta il rispetto della mia professionalità? Questa, pure, deve essere tutelata dalla legge. 

I requisiti formali della legalità delle prove di valutazione, come criterio fondamentale di validità di ogni atto scolastico, potranno essere ben applicati alle prove di certificazione ed ai concorsi pubblici (se le commissioni ne saranno capaci), non alla didattica di tutti i giorni.