martedì 16 novembre 2021

Rinunciare ai voti non basta

Solo dopo essere uscito dalla scuola ho trovato nella "colleganza" un parziale conforto su qualcosa che ho sempre pensato e nonostante i contesti in genere poco favorevoli, e realizzato nell'unico modo possibile, come descrivo sotto.
Il collega a cui debbo questa quasi esauriente analisi sul trascurato problema del voto è Fabrizio Gambassi: Meglio senza voti, ma come?. Suggerisco di leggere tuttoe con calma.

Insomma, il re (il voto) è nudo. Ne condivido purtroppo anche le conclusioni a pag. 29. Queste in effetti giustificano quello che ho fatto io, l'unica cosa fattibile. Fare una scuola, una didattica, un curriculum flessibile nelle ristrettezze del mio ambito, con i miei studenti, declassando il coto a semplice formalità, mentre tutto intorno mi remava contro.
La questione che però Gambassi inizia appena a sfiorare è quella dell'interesse come maggiore spinta motivazionale intrinseca. 
L'assenza di voto non fa sì che gli studenti studino cose che non interessano loro. 
Lui dice giustamente che tutto dovrebbe cambiare in una scuola senza voti (il che non significa senza valutazione). Ma gli studenti sono tanti, quindi se devi insegnare le fondamenta di una disciplina a chi ha interessi molto collaterali o a quelli che non sanno neppure se ne hanno alcuni e passano i giorni a trascinarsi nel loro branco come unica risposta al bisogno identitario, non ce la potrai fare mai. A meno di non ricorrere ai fascinismi erotici alla Recalcati, trucchi che tra l'altro, conoscendo i ragazzi, possono valere solo per un insegnante capobranco per volta. E gli altri meno erotici? Sono destinati a fare gli sfigati in questa logica. Non insegneremo mai nulla agli adolescenti blandendoli con queste tecniche, ossia illudendoli che rimarranno per sempre nel loro mondo adolescenziale protetti da un leader adulto (che poi diventerà Beppe Grillo, la Meloni o Salvini) Specialmente col biennio occorre un certo grado di costrizione, inevitabile, non necessariamente da ottenere con i voti. C'è la possibilità ad esempio di valutare l'impegno e comunicare in maniera egualmente sintetica tale impegno ai genitori. Si troveranno sempre uno - due alunni oppositivi a priori nella classe. Ma il problema non va risolto con strumenti di seduzione o altre falsità. L'importante è che riguardi una minoranza di studenti e che siano essi stessi a vedersela con i propri genitori e da essi riportati al dovere. Perché una scuola senza voti non è una scuola senza doveri verso se stessi e verso gli altri. Ma la scuola non è la fonte primaria di educazione al senso del dovere. Viene al massimo al quarto posto. Tornando alla componente di costrizione, su cui Gambassi evita di impantanarsi, c'è da dire che proprio la tendenza a dedicarsi ad un dovere anche se non di interesse centrale, o del tutto marginale, fa parte della costruzione di un'immagine di sé e quindi, specialmente in un sistema che non penalizzi gli sforzi dei meno dotati, come quello con i voti, ho sempre visto che nella maggioranza dei casi gli sforzi e gli impegni considerati fattibili erano mantenuti, apparentemente a prescindere dall'interesse (sempre che non ci fossero interferenze esterne e qualcuno che remava contro). Inoltre non è tanto l'interesse che occorre intercettare, ma piuttosto la libertà di generazione di interesse correlato all'argomento che può essere coltivata, costruita, propugnata dallo stesso docente. L'interesse "erotico" è quello che si allontana dal pregiudizio, piuttosto comune, del "portatore di "interessi precostituiti" e quindi "di parte". L'unico curriculo flessibile possibile è quello costruito all'impronta settimana per settimana da ogni docente. Quello in cui qualsiasi punto può essere raggiunto partendo da qualsiasi altro punto. Chiaramente questo riesce molto meglio in assenza di premi e punizioni e soprattutto man mano che i ragazzi maturano nel periodo adolescenziale, sentondosi via via più accettati nel gruppo classe nonostante le loro diversità. Si creano affiatamento e affetto reciproco, con l'insegnante che fa da collante, non con l'erotismo del teatrante narcisista, ma del lavorare duramente per creare il lavoro da fre e della ancora più dura fatica che serve per ascoltare, considerare, studiare e valorizzare i lavori fatti, dando feedback mirati senza creare frustrazione.

Eliminare i voti non basta, ma va fatto assolutamente. Il vuoto da essi lasciato si riempirà facilmente e la professionalità del docente si adeguerà di conseguenza.