domenica 13 marzo 2011

Io, invece, mi accanisco!

Mi riferisco al problema che la prof.ssa Mastrocola vorrebbe risolvere banalmente, a mio avviso, creando scuole differenziate, di cui solo una destinata ai veri e pochi "studianti". Vedi ad esempio questo link. È un'idea molto pericolosa e ingiusta, anche perché "accarezza" molto il tentativo governativo in atto di succhiare risorse alla scuola pubblica: farla funzionare tagliandola, distruggendola, affossandola. Per inciso, ci sono ben altre tendenze, riguardo alla Scuola, alla "civiltà della conoscenza", alla "cittadinanza", già ben dettate dall'Unione Europea a Lisbona. Non abbiamo bisogno della frustrazione dei docenti per sapere dove andare. Anche la ricerca ha detto molto, un molto che sta ancora fuori dalla scuola e non si trova nei libri della Mastrocola. Dico innanzitutto che la Scuola non può rinunciare al suo compito principale. Non ha fatto tutto ciò che sarebbe possibile per assolverlo.
Non si può CANCELLARE il problema perché ANCORA non si riesce a risolverlo adeguatamente. Montaigne diceva: "quando un problema è senza soluzione allora è necessario eliminare il problema", ma si riferiva evidentemente a problemi di natura individuale. La condivisione e l'identificazione culturale sono il collante sociale fondamentale di un Paese, e possono essere realizzate in modo certamente più indolore di come la scuola vorrebbe continuare a fare con metodi che erano adeguati alla società di due o tre generazioni fa. Come ad esempio pensando di poter trasferire le proprie idee di bello, di buono ed utile, associate a determinati contenuti, a studenti che dovrebbero acquisirle belle e pronte, con gli stessi sensi e significati che forse lo stesso docente non ha ancora pienamente elaborato. Con tutta l'abnegazione, la buona volontà del mondo, ciò non è possibile perché contrario all'asserto fondamentale della pedagogia: che la conoscenza e la consapevolezza sono costruzioni individuali mediate dal dialogo sociale. Rifiuto l'idea che l'istruzione si possa snaturare per consentire ai delusi dell'insegnamento di avere davanti solo studenti desiderosi di seguire le orme del loro amato docente.
Credo che il mio insegnamento può essere utile e positivo qualunque siano gli ideali di vita dei miei studenti, altrimenti sto compiendo un errore, una riduzione. Ad esempio, l'imparare cosa significhi conoscere e comprendere, risolvere problemi, arrivare a capire che anche questo può essere buono e bello, oltre che utile, non possono essere acquisizioni destinate solo ad uno spaccato della società. La scuola può avere margini di successo nel dare questi strumenti a tutti. E dobbiamo farlo, a meno che non pensiamo che la cultura della comprensione, di E. Morin, per intenderci, sia accessibile solo per chi deve comandare (magari fosse, mi viene da pensare) o, peggio, che sia sostituibile dal sentimento religioso come unico capace di raggiungere tutti gli uomini.
Rifiuto l'idea che la scuola non sia modificante e serva anzi per cristallizzare ogni giovane in età evolutiva sul suo progetto di vita, qualunque esso sia, cioè sul suo contesto sociale, sul proprio micromondo.
Liberare un giovane implica sì capire che questa scuola non sta funzionando, ma anche poi dare a tutti, giovani e meno giovani, gli strumenti fondamentali per comprendere e scegliere sempre, non una sola volta nella vita.
Il mio accanimento è meno folle di quanto molti pensano, il mio compito è dolce, perché vedo che studenti che hanno i più disparati interessi, quando riesco comunque a ingaggiarli, quando si accorgono che la loro testa funziona, cambiano la luce nei loro occhi. Ma ciò accade solo se e quando riesco ad andare oltre il mio sentimento di insoddisfazione. Se non ce la facciamo, da soli, a gettare la frustrazione dietro le spalle, alleiamoci, cominciamo ad unirci, rimboccarci le maniche e agire per riuscire dove altri hanno fallito. Ma non buttiamo a mare i "non studianti" o i "chattanti", che sono i soli che possono darci qualche vera soddisfazione. E quante cose c'è da imparare per gli studianti della prof.ssa Mastrocola!
Adesso sono entusiasta dei modelli emergenti, un'idea promossa da diversi anni da J.Novak e A. Cañas. Sto cercando di metterla in pratica e di adattarla a tutti i miei precedenti studi e sperimentazioni, con e senza mappe concettuali.
I miei tentativi si possono trovare ad esempio in questo documento condiviso.
Rifiuto di basarmi su una vana speranza: "...con la speranza che la scelgano in tanti e che la cultura non abbandoni la nostra vita)", riferita alla scuola "per lo studio, quella per gli albatros, isolati, diversi, portati allo studio e negletti".

Nessun commento: