Due balde giovani universitarie suonano per propormi l'acquisto e la lettura del numero di maggio di Lotta Comunista. Sono curioso e lo prendo. Faccio qualche indagine sulle loro origini. Chissà se anche loro le fanno o aderiscono semplicemente al movimento religioso e dogmatico. Magari se ricapitano avrò piacere di parlarne.
Dalla pagina di Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Lotta_Comunista leggo
"far sì che una quota non indifferente di classe operaia europea, in un futuro prossimo, possa trovare nel partito leninista un riferimento e una guida per affrontare quei giganteschi sconvolgimenti" cui il capitalismo, secondo le tesi di Lotta Comunista, sta portando a livello mondiale. Il capitalismo, sempre secondo le tesi di Lotta Comunista riprese direttamente da Marx, è "incapace di mantenere un ordine mondiale."
Dipende da cosa si intende con ordine mondiale. Non può essere un tipo di ordine che impedisca o ostacoli il cambiamento.
Allora occorre fare attenzione a distinguere lo sconvolgimento dal cambiamento regolato e controllato, ma comunque di origine spontanea. Un conflitto armato, indipendentemente se serva per la ridefinizione dei mercati o meno, è uno sconvolgimento. Come lo è quello causato in Grecia: un intero popolo è divenuto inconsapevolmente una risorsa da saccheggiare per breve tempo, e poi da buttare in pattumiera quando non c'era più nulla da spremere. Se dovevano esserci problemi di compatibilità con l'ingresso della Grecia in Europa, questi dovevano essere considerati prima, prevedendo un processo reversibile o una prova di adattamento, di almeno una decina di anni, ma i problemi sono stati volutamente ignorati, perché i tempi per fare affari, invece, sono brevi. Che poi i problemi di incompatibilità del tessuto socio-economico, che nel bene e nel male ha una stabilità almeno ventennale, diventano veramente tali solo dal punto di vista dei gruppi di potere che individuano la nuova preda, e solo nel momento che si mette fretta ai processi di integrazione di quel paese.
Sono sconvolgimenti quelli che forzano il principio di autodeterminazione dei popoli, quelli che entrano nell'intimo delle tradizioni e delle culture, o del semplice status quo facendo azione di propaganda e destabilizzazione in nome di potenziali guadagni (sempre di qualcuno e mai di tutti). Camuffando queste azioni con pretesti vari: portare libertà, democrazia, benessere ecc., promesse che poi non si mantengono, se non altro perché non erano nei piani effettivi. Ma poi, anche se si volesse realizzare i progetti dichiarati, non si riesce perché si tratta di progetti astratti, che non tengono conto che ogni popolo è quello che è perché ha la sua storia e le sue modalità di quasi-stabilità che rigettano tentativi di interventi esterni.
Perciò è uno sconvolgimento la fuga di 2 - 4 milioni di persone dal Venezuela
Ma non si può parlare di "sconvolgimento" quando si tratta di passare all'auto elettrica (vedi mensile di maggio 2019 di "lotta comunista", articolo di Franco Palumberi a pag. 13). https://drive.google.com/file/d/0B_krSWRlFIfPeFp6cGJKbmswU3A2Y1otUmtISlVVT3VaLUlN/view?usp=sharing (url abbreviata http://tiny.cc/vf7eaz, ma chissà quanto dura)
Né si tratta di un cambiamento finalizzato a "rivoluzionare gli strumenti di produzione", a "sovvertire le produzioni" e "scuotere" le condizioni sociali unicamente al fine di generare "insicurezza".
Il desiderio di realizzare affari vantaggiosi va di pari passo - almeno in questo caso - con un'istanza di miglioramento del funzionamento e della sostenibilità della società.
Non esiste la lotta di classe e la possibilità o anche la sola opportunità che siano i "proletari" a decidere cosa fare: se anche potessero, probabilmente deciderebbero per lo status quo, mentre è nell'interesse generale che questo "angolo" del progresso vada avanti.
Quello che serve è l'indirizzo, l'incentivo e il controllo governativo e pubblico dei processi di cambiamento. Questo è diverso dal "capitalismo di stato". Le tre funzioni di governo possono ad esempio essere sovranazionali, auspicabilmente.
È questa l'unica cosa che può opporsi all'interesse cieco del privato.
L'esempio dell'auto elettrica è importante perché l'interesse cieco del privato in questo caso è controproducente per i proprietari stessi.
Come messo in evidenza nell'articolo i proprietari avrebbero tutto da guadagnare se la rete di distribuzione fosse a responsabilità e a forte compartecipazione pubblica. Le problematiche di accesso alle informazioni possono essere facilmente ovviate e controllate da idonei regolamenti. Il problema della rete elettrica che potrebbe sia impossessarsi di informazioni utili e acquisire il controllo delle produzione delle compagnie automobilistiche ai propri fini è un altro caso in cui la competizione stessa ostacola un progresso necessario. Ma è un problema generato dal fatto, logicamente inspiegabile, che si è voluta cedere la rete pubblica elettrica ai privati, quando nessuno di questi privati è in grado di produrre e trasportare l'energia stessa ma, al massimo, di pagare di meno dei lavoratori per abbassare la tariffa di pochi centesimi e romperci l'anima con le promozioni. Cui prodest? Tutto ciò che è "capillare" non può che essere unitario e pubblico al 100%, inclusa la responsabilità dei processi di cambiamento (L'esperienza con Telecom nelle comunicazioni e quella delle autostrade ci hanno insegnato qualcosa su come le aziende partecipate portino alla reciproca deresponsabilizzazione e all'incapacità di fare piani per il futuro, oltre che a gestire malamente il presente, con quindici anni di ritardo nello sviluppo della fibra ottica).
Il controllo e l'indirizzo governativo è il primo punto di garanzia di cui si dovrebbe occupare la sinistra democratica moderna.
Nel caso dello sviluppo dell'autotrazione elettrica, visto che l'innovazione deve andare ben oltre il chiuso della singola azienda, occorre puntare sulla massima condivisione, cooperazione e uniformazione rinunciando ad un po' di competizione inutile, e della connessa prospettiva di supremazia nella leadership (vedi dichiarazione EdF a fine articolo). Mentre per la parte sociale, occorre accettare che i governi chiedano e destinino le tasse per questo piano di massima distribuzione del lavoro, in un'ottica che può ben essere di riprofessionalizzazione.
Per esempio l'adeguamento delle stazioni di servizio tradizionali e già esistenti, coprendole di pannelli fotovoltaici con adeguati incentivi pubblici permetterebbe sia di produrre corrente continua, la più idonea per la ricarica, sia di fungere da volano per la rete pubblica e sia, per l'indotto che si creerebbe, di compensare socialmente il problema della "somma non zero" della riconversione nel suo complesso. Tutto questo può essere realizzato fin d'ora. Anzi, fin da ieri: diciamo fin dall'insediamento del governo e del ministero dei lavori pubblici, che doveva essere ambientalista e progressista.
La "ricarica veloce", in realtà ancora un mito che i privati propagandano come una cosa già fatta (con le Tesla che prendono fuoco), può essere realizzata con una tecnologia molto semplice: aprendo il comparto modulare e sostituendo i moduli scarichi con quelli carichi nelle stazioni di servizio. E facendo sì che si consumino uno alla volta durante il moto. Lo stock di batterie cariche dei distributori sarebbe propizio sia alle ragioni strategiche del sistema V2G sia a quelle del sistema Ionity.
In Cina esistono già delle stazioni di ricarica che fanno ciò in modo automatico.
https://www.esquire.com/it/lifestyle/auto-e-motori/a24266149/auto-elettriche-cambio-batterie-nio/
Dobbiamo passare dall'era delle contese tra Paperone e Rockerduck a quella di una prospettiva di lungo raggio e ampia consapevolezza condivisa tra tutte le sfere dei lavoratori e della politica, fino ad una responsabilità governativa "continentale" per tutte le grandi scelte o rivoluzioni della produzione, come questa.
D'altra parte non sarebbe una bella cosa se la classe lavoratrice dovesse entare in lotta, senza essere in grado di distinguere amici e nemici, ogni volta che una persona è indotta (o anche incentivata) ad una riconversione. Il rifiuto della riconversione e dello sviluppo comporta stagnazione culturale e, in definitiva, degrado. Non era questo che era nato e iniziato a realizzarsi con l'Ottobre 1917 e l'esplosione e liberalizzazione culturale dei primi, autentici soviet.
lunedì 29 luglio 2019
sabato 8 giugno 2019
La vita di Quora
Bellissima domanda, ed esatta osservazione.
Per quanto i sostenitori dell'evoluzione insistano a tutti i costi a sostenere le loro ridicole teorie della vita casuale, non c'è nessuna reale prova di ciò.
Le proteine, le cellule e gli esseri viventi non possono in nessun modo essere apparsi per caso.
Non c'è nessun motivo per cui gli elementi chimici si organizzino casualmente in proteine, cellule ecc.
È evidente che la vita e gli esseri viventi sono un progetto ben preciso che ha richiesto diverse prove e sperimentazioni.
Da chi sia stato fatto realmente non lo sappiamo, sicuramente qualcuno che aveva la tecnologia per farlo.
La creazione divina sicuramente è una favola semplicistica che qualcuno ha inventato per spiegare qualcosa di inspiegabile.
Anche se l'essere umano vorrebbe avere una spiegazione per ogni cosa, e quando non ce l'ha è solito invocare il miracolo o la magia.
Ma non siamo più nel medioevo e dobbiamo accettare il fatto che non abbiamo ancora una spiegazione, la scienza non ha una spiegazione per tutto.
Di seguito il mio commento
Non c'è molta differenza tra colmare un vuoto della conoscenza con un essere sovrannaturale oppure con una tecnologia futurista nel passato. Qualcuno afferma che le due cose possono ben coincidere. Ma, ad essere religiosamente ortodossi, nel primo caso per lo meno non occorre domandarsi da dove il sovrannaturale sia venuto, o quando/come/dove si sia evoluto. Lo si "postula" e basta. Mentre noi potremmo ben sviluppare in futuro una nuova forma vivente "artificiale", ma con ciò non avremmo risolto lo "hard problem", ossia da dove sia uscita la vita che conosciamo. A me sembra molto più plausibile pensare che siano ambedue scarsamente credibili sia l'ipotesi del sovrannaturale, sia quella tecnologica. Soprattutto perché esistono alternative, come l'ipotesi naturalistica, così seccamente e sdegnosamente esclusa da chi sopra ha risposto alla domanda (senza peraltro rispondere sul problema dell'apparente contraddizione col 2° principio, quindi implicitamente ed erroneamente assumendola come autentica contraddizione e, quindi, come ulteriore prova dell'impossibilità dell'ipotesi natruralistica).
L'ultima parte, nella risposta di Dami Fass, è condivisibile. È vero che non sappiamo come mai le strutture dissipative - che si hanno anche in sistemi inorganici (purché aperti, sufficientemente complessi e lontani dall'equilibrio) - tendano ad assumere spontaneamente configurazioni stabili diverse a livello macroscopico, ma indistinguibili o con differenze insignificanti a livello di microstati. Nei viventi (e nei moderni sistemi esperti della tecnologia) le relazioni tra queste macro-configurazioni, morfo-strutture, sono regolate, adattabili e associate ad informazione di natura non statistico-microscopica, capace di trasmettersi e, pertanto, di evolvere vantaggiosamente. Sono esse che permettono ad un vivente di resistere, adattarsi, competere, propagarsi. Per queste ragioni non ci sono dubbi che siano elementi reali e significativi della realtà. Negarlo significherebbe dire che noi non esistiamo se non come ammassi di interazioni caotiche al livello atomico-molecolare. La microfisica è del tutto insufficiente a spiegare questa macrofisica. Le più grandi menti del mondo sono concentrate a trovare l'unità della microfisica e del cosmo, quando le leggi termodinamiche della "mesofisica" dei sistemi complessi, oltre che sconosciute, sono con probabilità indipendenti da molti dettagli del mondo submicroscopico o di quelli cosmologici. Ma nessuno sembra preoccuparsi di ciò, se non quando serve a fare previsioni nel mondo della finanza.
Nell'uomo, specie altamente sociale e simbolica, parte di questa informazione passa dalla condizione di caratteri distintivi puramente fisici a concetti, e diviene perciò oggetto di autoconsapevolezza, e ciò ci dà il linguaggio, l'intersoggettività, la coscienza di essere coscienti e la scienza.
Ma in tutti i casi non esiste nessuna contraddizione col secondo principio della termodinamica (non il terzo), che riguarda i sistemi chiusi e non troppo eterogenei e non troppo lontani dall'equilibrio. Questi sistemi piatti e amorfi sono antitetici con la vita. Purtroppo non sono stati sviluppati principi termodinamici capaci di descrivere in maniera generale sistemi dissipativi operanti ai vari livelli di complessità, così come fatto per i sistemi chiusi vicini all'equilibrio.
Quello che è certo, come Prigogine ha cercato di chiarire, è che la natura non conosce il suo futuro. Ed è grazie all'incredibile creatività e ricchezza indeterminata del possibile che una parte imprevedibile di tale "scrigno del possibile" alla fine diventa reale senza alcun bisogno di progetti intelligenti. L'intelligenza, semmai, è un prodotto dell'evoluzione, non una premessa.
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